Affrontare la pagina bianca a suon di pugni (d’inchiostro)

La sfida più grande, per chi scrive, è affrontare la pagina bianca. Non importa se scrivi romanzi, racconti, poesie, blog post, testi per siti internet, company profile, biglietti d’auguri e compagnia bella. La pagina bianca, fisica o digitale che sia, è sempre lì che ti aspetta con un ghigno beffardo stampato in filigrana (o in watermark). Sembra quasi che ti dica: «Rinuncia, tanto non andrai da nessuna parte».

La pagina bianca è una mappa senza indicazioni

Quando ci si trova ad affrontare la pagina bianca va a finire sempre che si percepisce un piccolo senso di spaesamento. È come quando ti trovi davanti la mappa di un posto che non conosci: serve un po’ prima di riuscire a orientarti. Come quando vai al centro commerciale e, benché ci sia sempre una cartina con scritto “You Are Here”, non sai mai bene se sei veramente lì dove ti posiziona il puntino – o se magari hanno sbagliato in fase di stampa.

A me capita spessissimo: accendo il computer pieno di ispirazione, apro il programma di video-scrittura, mi presento alla pagina bianca e poi… e poi mi perdo. Tutti i bei pensieri che volevo fermare sullo schermo sono svaniti, tutte le strade che volevo percorrere con le mie parole ecco che si intrecciano tra loro e si mischiano e diventano inesplicabili. La mappa che stavo seguendo si scolora e la pagina bianca mi sfida a riscriverla.

«Era una notte buia e tempestosa»

A volte mi sento come in una vignetta di Snoopy. Ma non una qualunque: quella in cui lui decide di scrivere un romanzo e non riesce ad andare oltre la prima frase («Era una notte buia e tempestosa»).

Snoopy che scrive a macchina "Era una notte buia e tempestosa" e poi si blocca, perché non riesce ad affrontare la pagina bianca
Ecco, è più o meno così che mi sento quando mi trovo ad affrontare la pagina bianca.

Attenzione, però: non sto parlando del blocco dello scrittore – badate. La stronzaggine della pagina bianca viene prima. Potremmo dire che il blocco dello scrittore è una causa della nostra incapacità di reagire al bullismo del foglio. Se lasciamo che il candore di varechina della pagina ci mangiucchi il pensiero e ci sbianchi le parole non avremo più altro scampo. Rimarremo impantanati lì, perderemo la voglia e la pazienza e manderemo tutto a monte.

Affrontare la pagina bianca, picchiarla e lasciarle lividi

Nel tempo, per affrancarmi dalla soggezione della pagina bianca, ho iniziato a picchiarla. Cosa sono, d’altronde, le parole scritte se non lividi d’inchiostro sulla faccia bianca di un foglio?

È ardito, lo so, ma con me ha funzionato.

Per cui, quando devo affrontare la pagina bianca, per prima cosa la prendo a pugni: butto giù tutte le parole che mi vengono in mente e gliele stampo sulla faccia con tutta la forza che ho. Come se fossi in trance, una volta che ho tutto ben in mente (struttura di quello che voglio scrivere, trama, sviluppi, eccetera) inizio a scagliare una raffica di parole una dietro l’altra sulla pagina. Quando sento che iniziano a mancarmi le forze, mi fermo. Guardo lo stato in cui ho conciato la superficie bianca che, guarda un po’, adesso non fa più tanto la stronza come prima, e me ne vado.

Dopo qualche ora torno e inizio a medicare tutti gli ematomi di inchiostro e parole che le ho lasciato addosso. Li sgonfio, li disinfetto, li ripulisco, fino a farli diventare un tutt’uno con la pagina bianca – come se fossero sempre stati lì, pronti per essere finalmente ammirati.

Non sto parlando di furor scribendi, non sto parlando di brain storming, non parlando di flusso di coscienza. Sto parlando di scrivere di getto sulla base di una struttura ben consolidata e poi, a mente fredda, rileggere e rivedere.

È così che io affronto la pagina bianca. Un pugno d’inchiostro alla volta, dritto dritto sulla faccia(ta).

That’s it!


[In cover photo by Patrick Fore on Unsplash]

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