Avere un brutto carattere aiuta

Ho sempre pensato di avere un brutto carattere, perché mal digerisco chi mi dice quello che devo fare (anche se ne sa più di me) e perché sono abbastanza permaloso (eufemismo). E sono quasi certo che, in qualche modo, le due cose siano collegate.

Ho sempre pensato di avere un brutto carattere poi, qualche giorno fa, ho scoperto che esiste la parola ‘reattanza’, un termine mutuato dall’elettrotecnica con cui la psicologia indica una «forte reazione che scatta nell’individuo che si senta minacciato nella propria libertà d’azione, consistente nel rifiuto di prescrizioni percepite come costrizioni illegittime o immotivate» (fonte). In altre parole, l’insofferenza agli ordini.

Che bellezza, adesso potrò dire di non avere un brutto carattere, ma di avere un carattere reattante. Immaginate la scena:

– Mamma mia che caratteraccio che hai!
– Eh, no, amicǝ, non ho un caratteraccio. Sono reattante!
– Eh?
– Reattante!
– …
– …
– Mi stai prendendo in giro?
– …
– …
– No.
– …
– …
– Certo che sei strano, tu.
– Fottiti!
– Lo vedi che hai un carattere di merda?!
– …

Ad ogni modo, al di là del siparietto, credo che questa reattanza psicologica ce l’abbiamo un po’ tutti, solo che alcuni di noi si sforzano di tenerla nascosta – chissà, forse per buon costume.

A chi di noi piace ricevere degli ordini?

Quando riceviamo un ordine è come se il nostro cervello volesse informarci che c’è un pericolo in agguato: qualcunǝ sta provando a mettere un limite alla nostra autonomia di decidere o fare qualcosa. Ed ecco che allora scatta la reattanza – che ci fa irritare, ci rende insofferenti e compagnia bella.

È come un meccanismo di difesa. Basta chiamarlo ‘caratteraccio’ o ‘anarchismo’ o ‘permalosità’ o come cavolo lo chiamate abitualmente.

Quindi, se quando mi date un ordine o provate a prevaricarmi (sia spudoratamente, che con un atteggiamento passivo aggressivo, che con una furbaggine tutta vostra) e io vi mando a cagare in malo modo, ecco, non è che ho un caratteraccio, è che sono reattante.

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