Una mia vecchia professoressa dei primi anni di liceo, una volta mi disse, mentre ci chiedeva di scegliere, in una rosa di 3 candidati (di cui non ricordo i nomi), quale libro avremmo preferito leggere durante le vacanze estive: «La scelta è limitata a questi 3 libri, perché sono dei classici. Non puoi fare sempre di testa tua».
Io risposi che leggere i ‘classici’ non significa niente o, per lo meno, non significa quello che lei e la tradizione accademica intendono: un classico è tale perché lo decidi tu. Ovviamente la mia posizione non la convinse e, anzi, le diede lo sprone per aumentare la mia dose di compiti per le vacanze (che non feci, tanto l’anno seguente avremmo cambiato docente).
Non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore. Tranne che a scuola: la scuola deve farti conoscere bene o male un certo numero di classici tra i quali (o in riferimento ai quali) tu potrai in seguito riconoscere i «tuoi» classici. La scuola è tenuta a darti degli strumenti per esercitare una scelta; ma le scelte che contano sono quelle che avvengono fuori e dopo ogni scuola.
(Italo Calvino)
Comunque, per discutibile che potesse essere, all’epoca, quella presa di posizione, mi piace continuare a difenderla (nonostante la sua adolescenziale ingenuità). E ho deciso di giocarmela in questo modo: non parliamo di ‘classici della letteratura’, ma di ‘libri cult’.
Un libro cult, al pari di un classico, è un libro che deve assolutamente essere letto, perché contribuisce alla formazione dei giovani lettori. Il contributo, ovviamente, è rigorosamente soggettivo; perché deve lasciare qualcosa dentro chi legge, deve rimanergli impresso nella memoria. Deve lasciare un segno, insomma. Deve accompagnare chi legge nel corso della sua vita.
Perché lo scopo di un libro, tra gli altri, è di essere un fratello maggiore, che ci consiglia, ci guida, ci prende in giro, ci fa riflettere, ci mostra nuovi orizzonti, ci fa piangere, ci fa incazzare, ci fa ridere. Ci scombussola dentro, in un modo o nell’altro; ma che, comunque, non possiamo fare a meno di volergli bene e prenderlo come modello.
Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.
(Italo Calvino)