Lo scrittore è una bomba che deve esplodere fuochi d’artificio

Si fa presto a dire «Da grande voglio fare lo scrittore!». Sì, perché non è che ci si improvvisa scrittori dall’oggi al domani – si sa. E no, non voglio andare a parare sull’importanza della formazione, dello studio, della dedizione, della lettura vorace e compagnia bella. No.

Perché, al netto di tutte le scuole di scrittura creativa e di tutti i discorsi puramente tecnici, per scrivere servono prima di tutto creatività, padronanza del linguaggio e ricettività. Il resto viene dopo.

Solitamente uno scrittore scrive per due motivi:

  • Guadagnare
  • Scaricare tutto quello che la sua ricettività gli ha stipato dentro (e cercare di guadagnare)

Lo scrittore vive nella sua contemporaneità e fagocita tutto quello che gli accade attorno: fatti, discorsi, situazioni, idee, progetti, polemiche, ingiustizie, sentimenti, eroismi, pornografia, caffè, aperitivi, abbordaggi improbabili, mattine, albe, tramonti, medicine, psicopatologie, traumi, aborti, figli, mogli, famiglie, amanti, tutto. E più immagazzina tutte queste informazioni e più si riempie. E si riempie così tanto che scoppiare diventa una prospettiva sempre più probabile.

E allora, per scongiurare lo scoppio, deve esplodere. Catalizzare tutta la dinamite della sua ricettività e lasciarla esplodere in un fungo atomico di parole così chiare e ben organizzate che a diventare fuochi di artificio ci metterebbero un amen. E, dài, inutile negarlo: i fuochi d’artificio piacciono un po’ a tutti.

Ecco, fare lo scrittore vuol dire questo: prendere tutto il mondo nella sua contemporaneità e lasciarlo esplodere in uno spettacolo pirotecnico fatto di carta e inchiostro.

Perché sì, lo scrittore è una bomba che deve esplodere. Ma solo i buoni scrittori sanno ricavare fuochi d’artificio da ogni deflagrazione.

That’s it!


[In cover Photo by Warren Wong (dettaglio)]

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