Strati su strati

Passiamo la vita a coprirci di strati. Strati di apparenze, di sicurezze che non ci appartengono davvero. Strati che ci rendono opachi, impenetrabili, come se quella fosse la nostra protezione contro il mondo. Ci convinciamo che se nessuno riesce a vederci davvero, siamo al sicuro. È un gioco, un trucco che ci teniamo stretti. Ma c’è un problema: anche noi, alla fine, iniziamo a credere a quella menzogna.

E poi succede qualcosa. Basta un attimo, un errore, una falla nel sistema, e tutti quegli strati si sfaldano. Eccoci lì, dritti dritti, come quando eravamo certi di essere trasparenti. Come se, per un secondo, il mondo potesse vederci per quello che siamo davvero. E fa paura. È come se ci strappassero via la pelle, lasciandoci esposti, vulnerabili. Ci accorgiamo che quella certezza di essere opachi non era altro che un’illusione.

Nel mondo digitale, questa illusione è amplificata. Ci vendiamo come brand, come avatar perfetti, lisciati da filtri e preconfezionati per l’approvazione degli altri. E ci crediamo. Ma, dietro tutto questo, siamo più trasparenti che mai. Ogni post, ogni like, ogni commento, è un tentativo disperato di nascondere la verità che non vogliamo affrontare: siamo tutti nudi, spogliati delle nostre sicurezze. Ogni volta che ci guardiamo attraverso uno schermo, vediamo l’opacità che abbiamo costruito, ma anche l’inquietante trasparenza che ci minaccia.

E nel lavoro? La stessa farsa. Ci mascheriamo da professionisti ineccepibili, da creativi infallibili, quando in realtà ci sentiamo fragili, incerti. Abbiamo paura che se ci vedessero davvero, le persone perderebbero interesse nei nostri confronti. Che se fossimo trasparenti, verrebbero a galla tutte le nostre insicurezze, i nostri dubbi. Ma la verità è che nessuno è così solido come appare. Siamo tutti fatti di crepe, di pezzi che non combaciano, di vernici che si scrostano.

La certezza è una bugia che ci raccontiamo per non crollare. E l’opacità è solo un modo per tenere il mondo a distanza. Ma alla fine, siamo trasparenti, che ci piaccia o no. E la cosa più spiazzante è che forse, se lo accettassimo, se smettessimo di nasconderci dietro maschere opache, il mondo sarebbe un po’ meno spaventoso. E chissà, magari anche il lavoro diventerebbe un po’ più reale, un po’ più umano. Ma questo richiede coraggio. E la maggior parte di noi, beh, si sa, preferisce l’illusione.