In agenzia il vero spirito del Natale è la deadline

Disclaimer: questo è un post tra l'ironico e il sarcastico. Non tira in ballo (né allude a) nessuno. Se vi sentite tirati in ballo, il problema è vostro: fatevi un esame di coscienza.

Lavorare nel mondo della pubblicità, a Natale è come fare il cenone con la gastrite: ti senti obbligato, sai che finirà male, ma lo rifai ogni anno.

Sì, perché a dicembre in agenzia non esistono più giorni della settimana: esistono solo Deadlines, Last-Minute e il famigerato “Te l’avevo chiesto tre settimane fa, ma non lo trovo nella mail”.

È un reality show di sopravvivenza. E lo vince chi non crolla al terzo brief natalizio arrivato alle 18 del venerdì.

Il brief di Natale è una certezza: arriva tardi e fa schifo. La mail suona sempre così: “Vorremmo una campagna emozionale che racconti i valori della tradizione, ma con un tono giovane, inclusivo e innovativo. Budget? Massimo 50 euro. Ah, e deve andare online domani.”

A quel punto ci guardiamo negli occhi, noi poveri cristi dell’agenzia, e ci capiamo: è ora di fare l’ennesimo miracolo di Natale. Ma non tipo la stella cometa, eh. Tipo moltiplicare stock images di cappelli da Babbo Natale finché non diventano un visual.

Il concept creativo di Natale

“Facciamo una cosa semplice, minimal, tipo una renna in 3D che piange perché Babbo Natale ha lasciato il lavoro per diventare un tiktoker. E poi una voce fuori campo che dice: ‘Regala emozioni, regala il nostro prodotto’.”

Facile, no? Ci pensano i grafici.

Poi c’è il video emozionale, che deve emozionare… ma non troppo, eh! “Siamo un brand, non una fondazione benefica!”. Dopo 46 versioni del montaggio, il cliente approva una versione che nessuno in agenzia ha mai visto prima. Dove l’ha presa? Nessuno lo sa.

I reparti: un girone infernale.

I grafici, a dicembre, sono anime perse. Hanno passato novembre sui banner del Black Friday e ora devono trasformare quei layout in qualcosa di natalizio. Come? Schiaffano una neve finta sopra e pregano che il cliente dica: “Che magia!”.

Ma il vero eroe tragico della situazione è il copywriter. Sta lì, nella notte, a scrivere headline tipo: “Regala emozioni. Regala [inserisci prodotto inutile qui].” Sai cosa c’è di emozionante? Che non si licenzia.

Poi ci sono i social media manager. Il calendario editoriale di dicembre sembra il calendario dell’Avvento: apri una casella e trovi la disperazione. “Possiamo fare un Reel emozionale con un mix di nostalgia anni ’90, ironia Gen Z e Call to Action aggressiva?”. Certo, aspetta che tiro fuori l’unicorno dal cappello.

Il cliente: l’ultimo boss di fine anno.

Dicembre è anche il mese in cui i clienti si risvegliano: “Ho visto lo spot di Mulino Bianco, perché non facciamo qualcosa così?” Perché voi vendete bulloni, Mario. BULLONI.

E poi, sempre a ridosso di Natale, arriva l’incubo: “Mi sono venute un paio di idee…”. Stop. Se il cliente ha idee, significa che lavorerai fino al 24 sera. “Aggiungiamo una frase più calda, tipo: ‘Buone feste a tutti voi che ci seguite con amore.’” Seguite con amore? Ma se ci insultano sotto ogni post!

La Vigilia: il gran finale.

Ore 17:58: arriva una mail. Oggetto: “Ultime modifiche”. Testo: “Non mi convince questo ‘Buone Feste’, facciamolo più sincero… tipo, ‘Auguri a te e famiglia’”.

Ore 23, sei finalmente a casa. Stai brindando, ti senti salvo… ed eccola lì, la notifica: “Ma se pubblicassimo una gif animata domani mattina?”.

A quel punto non rispondi. Spegni il telefono e pensi: “Ci pensi Gesù Bambino, io ho finito.”

Buone feste a tutti. Noi siamo i veri eroi del Natale. Ma non dite nulla a Babbo Natale, ché pure lui farebbe lo stagista in agenzia.

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