Letteratura ergodica: valicare i limiti della pagina e della narrazione

C’è un tipo di letteratura che ti permette di leggere una storia che va al di là dei limiti della pagina e della narrazione: è la letteratura ergodica.

Il significato di ‘letteratura ergodica’

‘Letteratura ergodica’ è un termine coniato da coniato da Espen J. Aarseth all’interno del suo saggio Cybertext — Perspectives on Ergodic Literature

Nella letteratura ergodica, è richiesto uno sforzo non banale per consentire al lettore di attraversare il testo. Se la letteratura ergodica deve avere un senso come concetto, deve esserci anche letteratura non-ergodica, dove lo sforzo di attraversare il testo è banale, senza responsabilità extra-noematiche sul lettore eccetto (per esempio) il movimento degli occhi e la rotazione periodica o arbitraria di pagine.

(Espen J. Aarseth, “Cybertext — Perspectives on Ergodic Literature” )

Aarseth spiega, inoltre, che la letteratura ergodica è sia un testo normale che una macchina in grado di produrre diverse manifestazioni di un testo. Una delle principali innovazioni del concetto di letteratura ergodica, quindi, è che non è specifica del mezzo fintanto che il mezzo ha la capacità di produrre un’iterazione del testo. Non è definita dal mezzo, ma dal modo in cui funziona il testo, pertanto, sia i testi cartacei che quelli elettronici possono essere ergodici.

Un’opera ergodica chiede al lettore di affrontare il testo facendo un po’ di sforzi per seguire tutto ciò che contiene. Lo sforzo è sia intellettuale (bisogna seguire le storie di più personaggi) che fisico (perché in alcuni casi può capitare di dover rigirare il libro per poterlo leggere, usare uno specchio, oppure tenere il segno in più punti per inseguire una nota).

Etimologia

Il termine ‘ergodico’ (dal greco ἔργον érgon, lavoro, energia e ὁδός hodós «via, percorso») è stato introdotto dal matematico e fisico Ludwig Boltzmann in riferimento ai sistemi meccanici complessi in grado di assumere in maniera spontanea tutti gli stati dinamici microscopici compatibili con il loro stato macroscopico. Le particelle costituenti il sistema, cioè, assumono ogni insieme di valori istantanei di posizione e velocità le cui caratteristiche medie corrispondono allo stato macroscopico del sistema. 

Il termine è stato successivamente preso in prestito da Aarseth e associato al concetto di cybertesto per descrivere un processo cybertestuale che include una sequenza semiotica che i concetti di “lettura” non tengono conto. Da qui è nato il neologismo ‘letteratura ergodica’.

Commerciabilità dell’oggetto libro

Qualche tempo fa ho scritto un piccolo articolo su come la bellezza estetica e la creatività possano aiutare un libro a vendersi meglio. In questo articolo, tra le altre riflessioni, dicevo che

I lettori sono figure molto esigenti e facilmente annoiabili. Ci mettono un attimo a etichettarti: banale, non sa scrivere, una trama già letta, uno strazio, niente di nuovo, l’ennesimo scrittore senza talento, eccone un altro che si crede Tolkien e compagnia bella. Spesso partono già con un pregiudizio, ma insomma come biasimarli: con tutta la scelta che c’è bisogna per forza fare una brutale preselezione. Poco importa se nel calderone dei cestinati ci finisce pure qualcosa di veramente valido: i lettori e gli editori sono figure molto esigenti e facilmente annoiabili. Se un libro non crea un effetto WOW già al primo sguardo, allora non ha più speranze. E, purtroppo, l’effetto WOW non lo fa né la trama, né la capacità di scrittura: quelle arrivano dopo.

L’effetto WOW lo fa la creatività: l’impaginazione, la copertina, il design del libro. Puoi aver scritto il miglior romanzo della storia, ma se è esteticamente brutto, non lo comprerà nessuno. A meno che tu non sia già famoso. O a meno che tu non abbia una tua community ben consolidata.

Esempi di letteratura ergodica

Dopo questo articolo, più di una persona mi ha chiesto «Sì, va be’, parli facile tu; ma quali sarebbero ‘sti libri? Mica si trovano in giro». Ed è qui che casca l’asino: se non sai cosa cerchi, non puoi lamentarti di non trovarlo. Per cui, ho deciso di agevolare il compito a queste persone (sperando che stiano leggendo) e a chiunque altro vorrà, pubblicando qui alcuni libri belli dentro e fuori e alcuni libri convenzionali all’esterno, ma creativi dentro – ma non una creatività fine a sé stessa, come per esempio i calligrammi, una creatività che dà un valore in più al libro e alla trama.

Ah, cosa importante: non ho intenzione di recensirli (se volete le recensioni cercatele in rete o, meglio ancora, leggeteli e fatevi una vostra personale recensione).

Sia chiaro: questi sono solo alcuni esempi – quelli che per un motivo o per l’altro reputo siano un buon punto di partenza per approcciarsi a questo tipo di letteratura e per comprendere cosa intendo quando dico che, ormai, i libri devono andare oltre la propria struttura narrativa e valicare i limiti della pagina e della narrazione.

Avalovara di Osman Lins

Avalovara è un romanzo brasiliano del 1973 , scritto da Osman Lins. Per l’equilibrio tra l’indagine formale e l’approccio alle questioni umane è considerato il capolavoro di Lins.

L’opera basa la sua struttura e la sua trama sul quadrato del Sator. Il romanzo attribuisce la creazione del palindromo SATOR AREPO TENET OPERA ROUTES a uno schiavo di Pompei, tale Loreius che, per ottenere la sua libertà, compone il quadrato magico, accettando una sfida del suo maestro. Tuttavia, questi rivela il segreto a una cortigiana, che lo tradisce.

Il tema di Loreius nella sua ricerca della libertà si alterna alla storia di Abel, un giovane scrittore brasiliano che cerca il suo amore in diversi luoghi del Brasile e dell’Europa . Allo stesso tempo, Abel cerca di capire il rapporto tra l’artista e l’opera, in una possibile interpretazione della frase inscritta nel quadrato – “Il creatore tiene attentamente il mondo nella sua orbita” 

Le narrazioni si alternano esplorando le forme del quadrato e della spirale . Secondo l’autore, questa organizzazione è stato il suo modo di pensare il passaggio dal caos al cosmo. Lins popola anche il lavoro di riferimenti a classici della letteratura mondiale come La Divina Commedia di Dante Alighieri , Werther di Goethe , Moby Dick , di Herman Melville e La modification , di Michel Butor.

Casa di foglie di Mark Z. Danielewski

Il primo libro che viene in mente quando si parla di letteratura ergodica è, senza ombra di dubbio, Casa di foglie (House of Leaves), romanzo d’esordio dell’scrittore statunitense Mark Z. Danielewski.

Ha detto dello stesso autore, la stesura di Casa di foglie è dura all’incirca diecianni e non è stato facile riuscire a trovare un editore disposto a pubblicarlo, a causa dell’estrema difficoltà di lettura che il comportava. Tra il 1993 e il 1999, Danielewski si guadagnò da vivere come tutor, barista e idraulico, e alla fine trovò un giovane agente letterario (Warren Frazier) disposto a credere in lui.

La leggenda narra che il romanzo fu presentato a  circa trentadue editori prima che Edward Kastenmeier della Pantheon decidesse di pubblicarlo.

Ma cosa aveva di così particolare questo romanzo? E perché è tutt’ora considerato l’emblema della letteratura ergodica?

Vi rispondo con queste immagini:

(Le foto fanno riferimento all’edizione italiana dell’opera a cura di 66thand2nd)

Griffin and Sabine di Nick Bantock

Griffin and Sabine: An Extraordinary Correspondence è un romanzo epistolare di Nick Bantock del 1991. È il primo romanzo di The Griffin and Sabine Trilogy e alla sua uscita è stato un vero e proprio bestseller negli Stati Uniti. La storia è raccontata attraverso una serie di lettere rimovibili e cartoline tra i due personaggi principali.

La trama, in soldoni, è questa: Griffin Moss è un artista che vive a Londra e, per guadagnarsi da vivere, realizza cartoline. È infelice e solo, anche se non se ne rende conto. La sua vita cambia per sempre quando riceve una cartolina criptica da Sabine Strohem, una donna che non ha mai incontrato. Anche lei, come Griffin, è un’artista (illustra i francobolli) e proviene da un gruppo immaginario di piccole isole del Pacifico meridionale note come Isole Sicmon (Arbah, Katie, Katin, Ta Fin, Quepol e Typ). I due iniziano, così, un’assidua corrispondenza.

Griffin si rende conto di essere innamorato di Sabine, che ricambia i suoi sentimenti, e che sono anime gemelle. Tuttavia, la sua crescente incertezza sulla vera natura di Sabine e sui cambiamenti che la sua presenza ha causato nella sua vita si trasformano in paura e finisce per rifiutare la proposta di Sabine di conoscersi di persona. Arriva persino alla conclusione che Sabine è un frutto della sua immaginazione, creata dalla sua stessa solitudine. 

Poi, un giorno, arriva un’altra cartolina da Sabine con una promessa minacciosa: se lui non andrà da lei, sarà lei ad andare da lui.

Nel secondo volume Sabine si trasferisce nella casa di Griffin a Londra mentre vaga per l’Europa, il Nord Africa e l’Asia, a ritroso attraverso strati di antiche civiltà – e di se stesso.

Nel volume finale, il mistero dei due artisti si approfondisce e le loro domande si fanno più urgenti. Nuovi ostacoli (compreso un sinistro intruso) mettono alla prova la tenacia della loro passione, e in ogni lettera o cartolina, pittura e prosa sono ancora più riccamente intrecciate.

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