Essere Michael Collins, il gregario della luna

20 luglio 1969. Un pezzo di Storia sta per essere scritto.

Il veicolo spaziale Apollo 11 parte tra la benedizione di tutti i cittadini americani e del nuovo Presidente, Richard Milhouse Nixon, con a bordo tre fra i più meritevoli astronauti: Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin.

Bisogna essere testimoni dell’evento. Bisogna guardarli alla tv, gli astronauti che condurranno l’Apollo 11 sulla luna: Armstrong, Aldrin e Collins. L’attimo in cui un uomo muoverà il primo passo sulla superficie lunare.

Ma non tutti hanno la tv a casa. E così c’è un bambino che bussa alla porta di un altro bambino. «Mi fai vedere la tua tv?».

La situazione è in stallo. Sul video scorrono immagini prive di senso e la voce dello speaker non fa altro che accelerare il processo naturale, e la sonnolenza, una spietata sonnolenza, ha la meglio sui due bambini. Tanto che si addormentano sul pavimento.

Inquadrano l’Apollo 11 e tutto il mondo vede gli astronauti salire a bordo. Le telecamere seguono il veicolo fin dove possibile. Tutti lo vedono. Fin dove possibile.

E poi la Luna.

«That’s one small step for [a] man, one giant leap for mankind».

La voce di Neil Armstrong mentre poggia il piedone sulla superficie butterata della luna. È il primo nella storia dell’umanità a farlo. Sono le ore 02:56 del mattino, quindi, tecnicamente, adesso è il 21 luglio. Il secondo sarà Buzz Aldrin, nel giro di qualche minuto (ore 03:15).

Il terzo dovrebbe essere Michael Collins. E invece no. Il terzo sarà Pete Conrad, 121 giorni dopo. 19 novembre 1969.

Michael Collins è il terzo membro dell’equipaggio dell’Apollo 11 che il 20 luglio 1969 portò il primo uomo sulla luna. Ma lui è l’unico a non metterci piede, sulla luna. Se ne rimane tutto il tempo dentro il modulo di comando, a controllare, monitorare, pilotare, spingere pulsanti e compagnia bella.

Collins è stato colui grazie al quale Armstrong e Aldrin hanno potuto prendersi la gloria.

Se non ci fosse stato Collins, niente sarebbe stato possibile.

È l’emblema del gregario, altro che Coppi e Bartoli.

Il ruolo di Collins durante la missione spaziale Apollo 11 mi ha sempre affascinato: te ne stai lì, buono buono, a far valere le tue competenze, per aiutare chi lavora al tuo fianco. È la quintessenza del gioco di squadra. La quintessenza della discrezione.

Sembri invisibile, ma sei lì. Pronto a farti trovare pronto. Pronto a essere la mano che guida la penna che scrive la Storia. Non sei autore e non sei protagonista; non sei la penna e non sei la pagina. Sei solo tu. Ma sei tutte queste cose insieme.

Oggi Michael Collins è morto. Aveva 90 anni e chissà se questa storia della Luna l’aveva mai veramente accettata.

P.S.: era nato a Roma.


Photo by History in HD on Unsplash

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